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Intervista di Febbraio 2005

Prof Andrea Giardina
La schiavitù nell'Antica Roma

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In quale misura la schiavitù è stata determinante per la “buona economia” romana? Si può considerare la schiavitù addirittura il “propulsore” del sistema economico di allora?

Tutte le più fiorenti economie dell’antichità si basavano in misura maggiore o minore sul lavoro degli schiavi. Ma nessuna società antica portò lo sfruttamento degli schiavi al livello di efficienza raggiunto dai Romani. Lo dimostra soprattutto la nuova organizzazione del lavoro schiavile diffusa a partire dal II secolo a.C. (l’epoca delle grandi conquiste mediterranee) nelle medie e grandi aziende agricole dell’Italia centro-meridionale, le cosiddette villae. Queste unità produttive erano presenti principalmente in Etruria, nel Lazio e in Campania, in luoghi non lontani dai centri portuali o comunque facilmente collegabili a essi tramite strade o vie fluviali. Fortemente orientate verso i mercati mediterranei, queste ville producevano soprattutto olio e vino; la loro manodopera era costituita da schiavi irregimentati, sottoposti a una dura costrizione, finalizzata a obiettivi di efficienza e di produttività. La specializzazione del lavoro e i criteri generali della conduzione assicuravano una notevole standardizzazione dei prodotti. Assistiamo dunque alla nascita di un nuovo tipo di schiavitù: in precedenza, sia in Grecia sia nella stessa Roma, gli schiavi rurali erano impiegati grosso modo come dei braccianti. Ora essi venivano invece inquadrati in strutture finalizzate alla massima produttività: gli schiavi, incatenati e sottoposti a un continuo controllo, lavoravano con ritmi precisi sotto una direzione ferrea. Tutta la loro esistenza era finalizzata al lavoro: al tramonto non si ritrovavano in famiglia o in dimore di tipo domestico, ma in una prigione, l’«ergastolo», da dove venivano prelevati all’alba per un nuovo giorno di fatica. La crescita del sistema della villa, attestata dalle fonti letterarie, dall’archeologia rurale e dallo studio dei contenitori ceramici (soprattutto anfore vinarie e olearie) si verificò in modo prorompente tra il II e il I secolo a.C.: questo periodo può essere considerato come la fase di maggiore crescita dell’economia romana. Questa vicenda mostra come un determinato tipo di schiavitù potesse determinare un’intensa crescita economica.

 

 

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