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Prof Andrea Giardina
La schiavitù nell'Antica Roma
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In quale misura la schiavitù è stata determinante
per la “buona economia” romana? Si può considerare
la schiavitù addirittura il “propulsore” del sistema
economico di allora?
Tutte le più fiorenti economie dell’antichità
si basavano in misura maggiore o minore sul lavoro degli schiavi.
Ma nessuna società antica portò lo sfruttamento degli
schiavi al livello di efficienza raggiunto dai Romani. Lo dimostra
soprattutto la nuova organizzazione del lavoro schiavile diffusa
a partire dal II secolo a.C. (l’epoca delle grandi conquiste
mediterranee) nelle medie e grandi aziende agricole dell’Italia
centro-meridionale, le cosiddette villae. Queste unità produttive
erano presenti principalmente in Etruria, nel Lazio e in Campania,
in luoghi non lontani dai centri portuali o comunque facilmente
collegabili a essi tramite strade o vie fluviali. Fortemente orientate
verso i mercati mediterranei, queste ville producevano soprattutto
olio e vino; la loro manodopera era costituita da schiavi irregimentati,
sottoposti a una dura costrizione, finalizzata a obiettivi di efficienza
e di produttività. La specializzazione del lavoro e i criteri
generali della conduzione assicuravano una notevole standardizzazione
dei prodotti. Assistiamo dunque alla nascita di un nuovo tipo di
schiavitù: in precedenza, sia in Grecia sia nella stessa
Roma, gli schiavi rurali erano impiegati grosso modo come dei braccianti.
Ora essi venivano invece inquadrati in strutture finalizzate alla
massima produttività: gli schiavi, incatenati e sottoposti
a un continuo controllo, lavoravano con ritmi precisi sotto una
direzione ferrea. Tutta la loro esistenza era finalizzata al lavoro:
al tramonto non si ritrovavano in famiglia o in dimore di tipo domestico,
ma in una prigione, l’«ergastolo», da dove venivano
prelevati all’alba per un nuovo giorno di fatica. La crescita
del sistema della villa, attestata dalle fonti letterarie, dall’archeologia
rurale e dallo studio dei contenitori ceramici (soprattutto anfore
vinarie e olearie) si verificò in modo prorompente tra il
II e il I secolo a.C.: questo periodo può essere considerato
come la fase di maggiore crescita dell’economia romana. Questa
vicenda mostra come un determinato tipo di schiavitù potesse
determinare un’intensa crescita economica.
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