NOVA  ROMA Interview

ENGLISH | ITALIANO

Introduzione

Intervista
del mese

Archivio

Intervista di Febbraio 2005

Prof Andrea Giardina
La schiavitù nell'Antica Roma

(2)
Le fonti attestano, soprattutto durante il regno e l'età repubblicana, un approccio sacrale da parte di Roma verso i principali eventi, dai più complessi inerenti alla vita dello stato, ai più semplici legati agli accadimenti quotidiani della giornata di un romano. Le chiedo se, nelle epoche citate, è ravvisabile una sfera sacrale nell'approccio romano alla schiavitù oppure se il tutto è riconducibile ad un ambito puramente utilitaristico.

Non esisteva un vero e proprio «approccio sacrale» alla schiavitù. Tuttavia, alcuni aspetti del rapporto tra padrone e schiavo avevano delle connotazioni religiose. Abbiamo visto che lo schiavo era un oggetto nelle mani del padrone. Ma un padrone crudele, che bastonava, torturava o metteva a morte gli schiavi senza motivo o per futili motivi, era oggetto di una forte riprovazione morale da parte degli appartenenti al suo stesso ceto. In altre parole, era diffusa la convinzione che anche nei confronti degli schiavi bisognasse attenersi a una condotta ispirata alla pietas. Questo concetto, che sarebbe riduttivo tradurre con «pietà», era intriso di morale e di religione. L’individuo pio era gradito non solo agli altri uomini (liberi o schiavi che fossero) ma anche agli dei. Lo stoicismo (ricordiamo tutti le parole di Seneca) mostrò una certa comprensione per la condizione degli schiavi (et homines sunt…, «anch’essi sono uomini») ma non arrivò mai a proclamare la necessità morale di abolire la schiavitù. Lo stesso fece il cristianesimo, che esortava i padroni a trattare in modo mite gli schiavi, ma esortava al tempo stesso questi ultimi ad accettare la propria condizione. Era diffusa la convinzione che la schiavitù corrispondesse a un diritto giusto in quanto diritto di natura.

 

 

pat_byza.gif (1051 bytes)

Main Page | Master Index